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IL BALLO DELLE INGRATE

IL BALLO DELLE INGRATE

Opera multimediale site-specifc ideata e diretta da Letizia Renzini liberamente ispirata all’opera originale di Monteverdi. La performance prende spunto dal voluttuoso mondo del teatro musicale seicentesco distaccandosene in una trasfigurazione interdisciplinare e tecnologica che ha come vocaboli e media l’analogico (corpo, voce, strumenti) e il virtuale (video, luce, musica elettronica).

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PROJECT DESCRIPTION

Questo lavoro “site-specific” muove dalle tematiche del libretto originale dell’operina omonima scritta da Claudio Monteverdi con Ottavio Rinuccini e rappresentato per la prima volta a Mantova nel 1608 confrontandosi e interpretando, in un’ottica spregiudicata e contemporanea, oltre che il meraviglioso e sensuale mondo del Rinascimento femminile di Barbara Strozzi o Luzzasco Luzzaschi, anche le vicende del “Concerto delle donne”, che rivoluzionò la musica profana italiana nel tardo XVI secolo.

Al centro della riflessione, il matrimonio e il suo rifiuto da parte di una tipologia femminile (letteraria e non) di tutti i tempi: l’ingrata, donna anti-convenzionale non disposta alla resa incondizionata all’altro prevista dalla relazione amorosa. A fronte di un dolce compromesso, l’Ingrata rifiuta il legame, preserva l’individualità e non cede. Amazzone e zitella, emancipata e impossibile, dea e meretrice, talentuosa e indomabile, scomoda e attraente, ambita e temuta, costantemente alle prese con la rappresentazione della femminilità, l’Ingrata si stacca, nello spettacolo, dal mondo letterario e si inserisce nelle contraddizioni di un presente concreto, trasfigurando tanto il repertorio musicale quanto la performance verso suggestioni contemporanee, in un’interpretazione audace, potente e a tratti ironica, ma nel totale rispetto del materiale classico.

Quella dell’ingrata è una condizione che finalmente travalica le questioni di genere e diventa esistenziale e condivisa; allo stesso tempo, il concetto di matrimonio diventa metafora di ogni forma di pre-imposizione e/o obbligo sociale. E così, allo stesso modo in cui l’ingrata monteverdiana affronta audacemente le vette del canto solista, lo spettacolo espande il repertorio superando le convenzioni del teatro musicale in una emozionante mise en abîme, una “composizione totale” dove musica, danza, testo e suono convivono in maniera a-gerarchica.

Quattro musiciste in scena: un trio classico e un impianto elettroacustico. Il repertorio classico è inserito da Letizia Renzini in una composizione sonora di segno diverso: il live mix, le composizioni ambientali e alcuni brani diversi della produzione discografica moderna e contemporanea. La musica eseguita con strumenti tradizionali viene ricontestualizzata da sublimazioni elettroacustiche che danno voce al subconscio, all’intimo pensiero che soggiace al testo.

Il repertorio barocco (non limitato solo all’opera di Monteverdi) si sciorina in un continuo gioco di rimandi tra realtà e finzione, tra verità e illusione. Nell’interpretazione spregiudicata e al contempo filologica di Claron Mc Fadden rivive il fuoco dell’estetica barocca. E’ la vita che imita l’arte, è l’anelito ad una verità sublimata che, pur nella disperata realtà della condizione delle anime ingrate, si compie in musica e parole. L’impossibilità di amare, la superbia che cancella l’altro, l’io che acceca e condanna alla mancanza di comunicazione e di comunione si scioglie nel compimento di un ideale di bellezza che tutto mitiga; senza arte ne sugo d’erbe il dolor disacerbe.

La coreografia e l’interpretazione di Marina Giovannini è in parte affiancata da due giovanissime danzatrici, e con loro si sperimenteranno le trasfigurazioni dei modelli coreografici seicenteschi e delle composizioni scultoree dell’epoca: quadri, passaggi, bassorilievi che sulla scena rivelano una presenza fragile e trasparente.

Theodora Delavault ha preparato una composizione originale multilingue e non lineare che si sviluppa in filigrana come riferimento costante e “ossatura leggera” dell’intero show. Il testo è di volta in volta detto, cantato, proiettato, evocato. Parole e suoni, canti, emissioni non convenzionali e riferimenti poetici si intrecciano con la musica e la voce “educata” dei brani in repertorio, in un confronto costante tra vita e immaginazione, tra testo e contesto, tra digitale ed organico.

L’approccio artistico e la libertà espressiva della violoncellista avant-gard Okkyung Lee sottolinea le forti connessioni che legano l’estetica estatica del Barocco e del Rinascimento, e l’uso astratto dell’improvvisazione, della performance contemporanea e delle sonorità elettroniche.

CAST

Regia, Creazione video, suono, live mix- Letizia Renzini; Coreografia – Marina Giovannini; Poesie e testi originali -Theodora Delavault; Organizzazione- Luisa Zuffo; Management – Alexandra Kirsch

Claron McFadden (soprano); Mike Fentross (tiorba); Sarah Ridy (arpa); Okkyung Lee (violoncello); Letizia Renzini (live mix); Marina Giovannini (danza); Theodora Delavault (attrice).

in video: Nora Fisher (soprano); Nicola Wemyss (soprano); Sabina Meyer (soprano); Vincenzo Vasi (basso).

Costumi: Lotte Stek;

Post-produzione video e Motion Graphics: Raffaele Cafarelli, Angela Gennaretti (red-fish) Tecnici: Moritz Zavan, Peter Quasters; Software: Riccardo Canalicchio